Wednesday 17 July 2013

Notturni Londinesi - 183 West Wycombe Road



Da diversi mesi vivevo lontano da casa mia, dalla mia città, Genova. Sull'ultima nave su cui mi ero imbarcato avevamo seguito la rotta dell'America del Sud, ed essendo scesi a terra abbastanza spesso, avevo visto diverse città. Mi ero fatto crescere abbondantemente i capelli, e con quella chioma gli amici dell'equipaggio avevano detto che anch'io sembravo un sudamericano.
Sbarcati ora a Dunkerque, sarei di nuovo tornato a bordo tra un mesetto circa, destinazione ancora una volta l'America del Sud, il Venezuela in particolare.
Dopo aver trovato alloggio in una piccola pensione, telefonai subito a mio fratello Gaetano e parlai anche con mia madre e mio padre. Da giovane pure lui si era imbarcato. Quando dissi loro che non sapevo ancora fra quanti mesi sarei ritornato, ci fu un lungo silenzio interrotto dalla voce di Gaetano, che mi consigliò di attraversare la Manica e di andare ad High Wycombe, una cittadina nel sud dell'Inghilterra. Al 183 di West Wycombe Road avrei trovato una famiglia di origine genovese di nome Gallieri, che con grande piacere mi avrebbe ospitato per quelle settimane che mi separavano dal nuovo imbarco.
La sera stessa feci la valigia e l'indomani di buonora andai al porto per salire sul traghetto per Dover; una volta arrivato sull'altra sponda, avrei preso il treno per High Wycombe, di cui sapevo ben poco, se non che era un centro abbastanza grande vicino a Londra.
Gaetano aveva ragione, i Gallieri furono molto felici di ospitare un compaesano. Da ben venticinque anni vivevano all'estero, e a differenza dei figli Margaret e Roger, che
non avrebbero mai abbandonato l'Inghilterra, loro mi dissero convinti che presto sarebbero ritornati in Italia. I primi giorni passarono velocemente, poi iniziai ad annoiarmi. In particolare al pomeriggio, quando tutti i Gallieri erano al lavoro. In quelle ore l'unica alternativa era quella di rimanere a guardare la televisione.

Pensai così di occuparmi con qualcosa, e seguendo il consiglio di Margaret, trovai lavoro in un distributore di benzina vicino al 183 di West Wycombe Road. Andavo là soltanto al pomeriggio, la paga non era un granché, ma passavo il tempo, e finito l'orario di lavoro iniziai ad  uscire spesso con Roger o con alcuni amici di Margaret. E fu insieme a loro che una sera in un pub conobbi Lisa, una ragazza nera della mia stessa età.

In quella casa al 183 di West Wycombe Road, vi era un gran viavai di persone. Conobbi più gente in pochi giorni di quanto mi era capitato negli ultimi due anni. A cena dai Gallieri potevi incontrare indiani, pakistani, inglesi, irlandesi e così via. In un clima di festa, ogni razza trovava spazio alla loro tavola. Non mi era mai acceduto di frequentare gente tanto ospitale come loro. In quel periodo Mr. Gallieri era presidente dell'Associazione Italiani di High Wycombe e molti connazionali immigrati andavano anche da lui per chiedere favori, in questo ambiente così vivace e cosmopolita, viveva anche James, un ragazzo inglese che se ne era andato di casa perché non andava d'accordo con i genitori. Già da un anno abitava dai Gallieri. James lavorava sodo in un negozio, ma aveva un difetto, quello di bere troppo. Le nostre camere erano sullo stesso pianerottolo e ci incontravamo spesso quando andavamo a dormire. Non c'era weekend in cui James non fosse completamente ubriaco.

Ogni sera, finito li mio turno. Lisa veniva a prendermi al distributore di benzina. Insieme poi o si andava in uno di quei pub dove ci sono anche le stanze per dormire, oppure si decideva per un cinema, e una pizza sul tardi. Al pub, oltre a fare l'amore, passavamo anche delle notti semplicemente abbracciati nel letto a guardare la televisione.

Mancava ormai una settimana al mio nuovo imbarco e Lisa era molto triste; oltre che per la mia partenza, era molte triste per la scomparsa di suo padre. Una sera infatti non era venuta a prendermi al distributore, ed io camminando verso il 183 di West Wycombe Road, mi chiedevo il perché, varcata la soglia di casa, Mrs.Gallieri mi disse di richiamare subito Lisa. mi aveva telefonato pochi minuti prima. Quando seppi dalla sua voce quello che era accaduto, chiesi a Margaret di darmi un passaggio in macchina. Durante il tragitto Margaret mi disse che era dispiaciuta per quanto era successo.
Davanti a casa di Lisa c'era un folto gruppo di neri. Dopo aver salutato Margaret mi avvicinai. Subito tutti mi guardarono con una certa diffidenza, forse anche perché ero l'unico bianco in mezzo a loro, ma appena Lisa mi venne incontro prendendomi per mano, qualcuno mi sorrise. Entrato in casa, Lisa mi disse che suo padre era ammalato da tanto tempo, e proprio mentre mi raccontava scoppiò a piangere accanto alla bara, nascondendo il suo viso contro il mio petto. Allora la strinsi molto forte e mi accorsi che le persone attorno guardavano più noi del defunto.

Non andai al funerale del padre di Lisa, lei non volle. E così quel pomeriggio, dopo essermi licenziato dal distributore, tornai a fare la stessa cosa che avevo fatto nei miei primi giorni in Inghilterra, quella di stare davanti al televisore tutto il giorno. Ma purtroppo verso le cinque uscii a far due passi. Dico purtroppo, perché poco più tardi in quella casa vennero i ladri.
Quando rientrai, vidi Mr.Gallieri seduto su una sedia con la testa tra le mani. Non ci fu nemmeno bisogno di chiedergli cosa era successo, la casa era tutta sottosopra. Mi sedetti nel salotto e mi accorsi che avevano portato via anche la televisione. Dopo poco rientrarono anche Roger, Margaret e Mrs. Gallieri, insieme a tre poliziotti. Questi dissero che dovevano prendere le impronte digitali a tutti quanti per poter avere qualche chance di individuare quelle dei ladri. Quindi con i Gallieri andai anch'io al commissariato di High Wycombe. Mi trovai in un locale largo e basso costruito da poco, con all'interno pareti bianche e molte carte sui tavoli. In un attimo fu sbrigato tutto. I poliziotti furono molto gentili, ma nonostante questo l'espressione dei Gallieri non cambiava. Si leggeva nei loro volti un grande tristezza.


Oltre all'argenteria a a cose varie, quei balordi avevano preso anche i braccialetti d'oro e i preziosi di Mrs.Gallieri. Ed era lei forse la più avvilita di tutti. Mentre ce ne andavamo, il capo del distretto di polizia disse che le persone che avevano compiuto il furto sapevano bene quanto potevano trovare in quella casa. Fino al giorno della mia partenza lo stato d'animo dei Gallieri rimase molto abbattuto, anche se devo dire che con me furono sempre premurosi. Sarei partito quei pomeriggio e avrei passato la notte prima dell'imbarco all'alba per il Venezuela, nella stessa piccola pensione dove ad ogni ora c'era un gran movimento di coppie.
L'addio con i Gallieri avvenne senza parole di circostanza, anche perché loro pensavano in continuazione ai ladri che gli avevano svaligiato la casa, e il fatto che io me ne andassi veniva veramente in secondo piano. Diverso fu invece con Lisa. Per l'ultima volta, la notte prima, avevamo preso
in affitto la stanza al pub e dopo esser stati insieme, lei si mise a piangere. Le chiesi il perché e Lisa mi disse che non lo sapeva il perché; poi mi baciò con amore obbligandomi a promettere che ci saremmo sentiti spesso, e che presto, finito il viaggio nell'America del Sud, sarei dovuto ritornare in Inghilterra. Ripresi a baciarla senza rispondere.

Al primo scalo telefonai ai Gallieri che furono molto felici di sentirmi, e Mr.Gallieri mi disse che aveva delle buone notizie. La polizia stava scoprendo i colpevoli del furto. Senza dubbio era un gruppo di italiani, gente che parecchie volte era stata nella sua casa; gente che lui aveva aiutato. Gli dissi che ero molto felice per lui e per tutti quanti, e dopo aver riattaccato, pensando a quegli individui marci fino al punto di tradire una persona come Mr.Gallieri, provai un terribile senso di amarezza. Quegli individui marci avevano tradito un italiano immigrato all'estero come loro; uno che in più si era fatto in quattro per aiutarli. Invocai giustizia.

Più tardi chiamai Lisa, ma non la trovai. Non lasciai messaggi, fra qualche minuto sarei ripartito.
Per tutto il tempo di quel viaggio non telefonai più a nessuno, e passando i giorni, pensai che quello di Lisa e dell'Inghilterra, era un capitolo della mia vita ormai chiuso.
In quel nuovi mesi di navigazione mandai invece diverse lettere a Gaetano. Sempre di notte gli scrivevo, poco prima di coricarmi. Forse erano lettere che non avevano tanto senso, ma era notte ed ero solo, e scrivendo, sentivo che anch'io, lontano, avevo una casa con qualcuno che mi aspettava.

Copyright © G. Magnani

Sunday 7 July 2013

Notturni Londinesi - La ragazza francese


Per favore fermati, vado a casa a piedi. Ha ragione mio padre nel dire che sei un uomo che ha perso la testa.
Tuo padre è solo capace di blaterare.
Non ti permetto di usare queste parole nei suoi confronti.
Dico solo la verità.
Fammi scendere ho detto!
No, assolutamente­.
Così non si trattano nemmeno i cani hai capito?
Non urlare. sto guidando. In questa tua sceneggiata sei veramente patetica. Fra l'altro Annabelle è anche amica tua. Certo, ma dimentichi un particolare. Io non sono mai andata a letto con lei.
Sai bene che è una storia vecchia, e all'epoca non stavamo neppure insieme. Non riesco a capire dove sia il problema. E poi ti credevo più evoluta.
Certo, e per evolvermi dovrei accettare a casa nostra una tua ex amante.
Che tipo di risposta è questa? Sei soltanto piena di pregiudizi.
Non sono pregiudizi, So che vedo tutto confuso.
Non c'è nulla di confuso. Devi solo aver fiducia in me. come sempre. Non puoi cancellare dalla nostra vita una persona come Annabelle. Se ci siamo conosciuti lo dobbiamo a lei. Perché ora non vuoi più rivederla?
Non sono tranquilla. Rivedendola potresti...non so.
No, non c'è bisogno di piangere, ti ripeto che Annabelle mi ha scritto per avere notizie, per sapere che faccio. Per lei ero come sparito nel nulla. Io le ho solo risposto raccontandogli di me, dei miei genitori, del nostro matrimonio. In fondo alla lettera ho soltanto aggiunto di venirci a trovare, non una parola di più. Tutto questo ti sembra sufficiente per ricevere valanghe di offese?
Mio padre ci vuole bene. Ha parlato così perché ha paura che quella donna possa dividerci.
Se avessi intenzione da scappare con lei credi che mi comporterei in questo modo?
Ti scongiuro, non urlare tu adesso. E fai attenzione. Guidi come un pazzo. Fermati. Per favore.
Bene. Qui c'é il parcheggio di un pub. mi fermo. Ma non si scende dalla macchina, intesi? ascoltami bene. Può darsi che io abbia sbagliato dicendoti della lettera di Annabelle in ritardo. Forse ho agito superficialmente. ma in buonafede. Ero veramente convinto che avresti avuto piacere nel rivedere la nostra amica francese. Ho anche pensato, magari poi ci inviterà a Dieppe, a casa sua, come ai vecchi tempi. 
Lo vedi, continui a fare programmi senza nemmeno interpellarmi, e inoltre continui a parlare di una nostra amica francese. A questo punto vorrei puntualizzare che Annabelle é una tua amica. Quanto hai fatto é terribile. Pensa a quando ci siamo sposati, alle cose che mi hai promesso, a Simon, il nostro bambino...
Sei una donna ridicola; ridicola come la reazione dei tuoi genitori. Immaginavo tanta stupidità nella nostra casa ma non fino a questo punto. Uno schiaffo? no, questo non lo dovevi fare.
Se sei stanco di noi. lasciaci perdere ma non prenderci in giro come hai fatto con quella lettera!
Ora ti porto a casa, ma ricordati che questo ceffone lo paghi salato. E da domani manda tuo padre in ufficio a tirarsi il collo come faccio io tutti i giorni. Hai capito?
Non dire sciocchezze.
Non dire sciocchezze?
Se vuoi la nostra rovina sei libero di fare ciò che vuoi.
Ecco, il ricatto.
Non é un ricatto, sai benissimo che mio padre ha la pressione alta e non potrebbe mai andare in ufficio al tuo posto.
Sul serio? se con la pressione alta é stato in grado di offendermi gridando come uno scellerato, sono sicuro cha potrà anche andare in ufficio al mio posto.
Sei un essere crudele.
Già, sono crudele, e forse anche un po' masochista. Sta a sentire. Io la mattina mi sveglio molto presto, tu naturalmente dormi. Scendo a pian terreno. La prima persona che vedo é tua madre, che con una faccia da vomito prepara la mia colazione a quella di tuo padre; figura quest'ultima su cui preferirei sorvolare. Dopo questo confortante risveglio, durante il quale nessuno si sforza di fare un sorriso o di dire buongiorno, incontro nostro figlio, anzi quell'ottuso di nostro tiglio, considerato il suo ormai totale ottenebramento mentale causato dalla musica. Con lo spirito colmo di gioia finalmente esco di casa e me ne vado in ufficio dove mi aspettano guai. seccature e preoccupazioni. Ma riesco a superare tutto perché presto verrà 
la sera e quindi l'ora di tornare a casa; momento illuminato dalla tua presenza a cena: momento nel quale hai quasi sempre l'aria di un animale imbalsamato; addormentata, distante.
Sei un maledetto porco.
Aspetta, non aver fretta, questa e solo una parte della mia meravigliosa vita. Lasciami finire di raccontare. Ti prego. Non posso certo tralasciare i fine settimana entusiasmanti trascorsi al pub con Susan e James; serate che significano alcol, alcol e alcol. Se non avessi qualche buon amico con cui passare ogni tanto qualche ora, a questo punto mi potrei tranquillamente suicidare.
Sei un porco, porco, porco. porco!
Accidenti, stavo dimenticando altri due aspetti di vitale importanza. Il primo, consiste nel rovinarsi gli occhi davanti alla televisione; unico svago serale durante la settimana. Il secondo, di immenso significato nella vita di coppia, non poteva essere cha il sesso; attività corporea, nel nostro caso, possibile soltanto dopo essersi sbronzati completamente.
Lo vedi. Pensi solo a scopare. E non ti é parso vero di ritrovare la piccola, immacolata francese. Me la ricorda bene sai? ha l'aria di una santa, invece é una delle peggiori puttane cha io abbia mai conosciuto. Sei ripugnante; un essere schifoso capace soltanto di pensare a puttane come quelle.
Questa sberla te la sei proprio cercata, e se prima di arrivare a casa apri ancora quella dannata bocca ti faccio sputare tutti i denti! hai sentito bene maledetta stupida!
Fregandosi spesso il naso e gli occhi con un piccolo fazzoletto, Brigid rimase ben attenta a non aprir più bocca. L'atmosfera era incandescente e sapeva bene che Martin stava facendo sul serio. Il ceffone era stato forte, la guancia bruciava, ma era stata lei ad iniziare a muovere le mani, quella reazione se la doveva aspettare. E con il bruciore alla guancia, cresceva l'astio per Annabelle; una vipera, pensava, che in pochi giorni le aveva sconvolto la vita. E se Martin l'avesse piantata per quella puttana francese? no,era un pensiero da rimuovere subito. Senza di lui si sarebbe sentita perduta, avrebbe dovuto mettersi a lavorare per mantenersi. E poi c'era la sua famiglia che viveva solo della pensione, No, non poteva nemmeno pensarla un'eventualità del genere. Se viveva bene, se i suoi genitori vivevano bene, era in gran parte merito di Martin. Malgrado tutto, ora più che mai doveva essere del tutto intransigente e irremovibile. Annabelle non era gradita, e quell'invito assumeva il significato di un affronto. Martin doveva rimediare quella situazione pericolosa nel più breve tempo possibile; doveva scongiurare l'eventualità che Annabelle venisse da loro in Inghilterra.

Martin guidava pensando alla sua vita. Appena sposato, vivendo solo con Brigid in una piccola casa comprata quasi totalmente con il mutuo. Martin sentiva di amare i genitori di sua moglie, e per questo, solo un anno più tardi, fu proprio lui a lanciare la proposta di vivere tutti assieme in una casa più spaziosa e confortevole; decisione infelice, sfociata presto in litigi e incomprensioni familiari, causati anche dalla nuova abitudine di vedersi e di incontrarsi quotidianamente negli stessi spazi. In poche stagioni la sua vita si era capovolta e quella della sua nuova famiglia era l'epilogo di un'illusione.
In un breve spazio di tempo prima di sua madre Frances, e poi suo padre William erano scomparsi.
Figlio unico. a diciannove anni Martin era rimasto solo e sconvolto, unico appoggio e sollievo Brigid; la ragazza che aveva conosciuto nella seconda e ultima estate trascorsa da Annabelle a Dieppe, in una vacanza-studio organizzata da una scuola di lingue. In quei due brevi periodi estivi, Martin aveva riscosso i successi più importanti della sua vita; subito Annabelle, poi il colpo di fulmine con Brigid. E dopo aver parcheggiato la macchina, seguendo con rancore la figura massiccia della moglie che a passi militari andava verso casa, Martin ritornò a pensare ad Annabelle. Gli capitava ormai tutte le notti da quando aveva ricevuto la sua lettera. Brigid si girava pigramente nel letto, e lui ad occhi aperti nel buio, fantasticando un nuovo rapporto con Annabelle, ricordava quel pomeriggio deserto e molto afoso nel quale era stato con lei la prima volta. Durante una gita in bicicletta si erano fermati in un piccolo bosco, e dopo averla baciata, aveva allungato le mani come era abituato a fare al cinema con qualche ragazza dei quartieri di Londra, la sua città. Annabelle non lo aveva fermato e Martin era riuscito a fare l'amore con tanta dolcezza come mai gli era accaduto. Una settimana più tardi sarebbe arrivata Brigid, anche lei in viaggio-studio. Il padre di Annabelle amava avere ragazzi per casa. per questo aveva accettato la convenzione con una scuola di lingue di Londra. Martin fu subito attratto dalla corporatura possente di Brigid: una ragazza della sua stessa città, con addosso la stessa pelle e la stessa determinazione, il contrario della delicatezza e della sensibilità di Annabelle. Lui e Brigid legarono subito. ma oltre ad Annabelle, c'era la scadenza del soggiorno a impedire a Martin di andare fino in fondo con lei. Si sentiva comunque tranquillo, la cosa era solo rimandata di qualche settimana, a quando Brigid sarebbe rientrata in Inghilterra. Le disgrazie dei genitori mandarono a monte ogni suo programma, e trovandosi senza famiglia, Brigid era via via diventata per lui il suo unico punto di riferimento.
Erano soliti passare molte sere nei pub a divorare bistecche e patate fritte, prima di andare a scopare in macchina o in qualche camera a ore. Una gelida sera d'inverno Brigid gli aveva chiesto, perché non ci sposiamo e ce ne stiamo in casa al caldo in notti come queste? in uno stato d'animo colmo d'amarezza e di rimpianti, Martin aprì la porta di casa. davanti a lui la scala, la porta della cucina, la sala da pranzo illuminata. Posando in terra la sua valigetta da lavoro, e respirando l'aria di ambiente che gli appariva ogni giorno più ostile si domandò, perché Annabelle non risponde?

In famiglia si era creato un clima di allerta generale. Annabeile avrebbe fatto un'improvvisata. Ecco il motivo del suo silenzio. Con questa costante convinzione, Brigid era quella a star peqqio di tutti. Un nuovo litigio con Martin, l'aveva portata ad agire di sua iniziativa e ritrovato l'indirizzo di Annabelle le aveva spedito una lettera. Diverse righe, dove dopo aver enfatizzato il suo matrimonio con Martin, dichiarandosi una moglie e una madre felice e serena, mostrava dispiacere per essere nelle condizioni di dover cancellare l'invito in Inghilterra espresso da Martin. Tutto ciò a causa di una bronchite molto fastidiosa che stava dando a suo figlio Simon seri problemi. Scusandosi nuovamente, scrisse inoltre che appena possibile si sarebbe di nuovo messa in contatto per un nuovo invito, Brigid concluse quindi la lettera, precisando cha aveva scritto lei in considerazione dei numerosi impegni aziendali di Martin in quel periodo. Brigid imbucò la lettera sentendosi soddisfatta e gonfia di orgoglio. Quella poche righe avevano assunto per lei il sapore della vendetta, dopo giorni di sofferenza e mortificazioni. Ma durante la notte cambiò opinione su quanto aveva scritto. Avrebbe dovuto essere più dura: liquidare con quattro parole quella Annabelle. Era stata troppo diplomatica verso una persona che voleva mandarle all'aria il matrimonio. Essendo troppo cordiale, la lettera dava la possibilità alla ragazza francese di tornare all'attacco. Ma anche nei giorni seguenti non successe nulla. Silenzio assoluto.

Unica cosa degna di nota il glaciale e comportamento di Martin. Oltre a non fare più alcun riferimento all'invito di Annabelle, in casa evitava qualsiasi scontro verbale, mantenendosi estraneo da qualsiasi problema familiare. Questo portò Brigid, prima a un'ipotesi, poi a una certezza, Martin sapeva della sua lettera; sapeva tutto perché si incontrava con Annabelle. La ragazza francese non poteva essere scomparsa nel nulla. Ad eclissare ogni suo dubbio su questa amara verità, erano stati i suoi vani tentativi di fare l'amore con lui. Martin aveva sempre reagito dicendo di essere troppo stanco o di avere il mal di stomaco: scuse, scappatoie addirittura irritanti. Brigid cominciò a presagire l'inizio della fine del suo matrimonio. Doveva a tutti costi fare qualcosa. E in preda a una crisi di nervi, logorata da alcune notti insonni, pensò che l'unica soluzione era quella di dar prova a Martin dell'onestà delle sue azioni e dai suor sentimenti. Convinta che solo così si sarebbe riavvicinata al marito, una notte scaricò tutta la sua angoscia, confessando la spedizione dalla lettera, Parlò senza fermarsi per diversi minuti. Come un fiume in piena vomitava parole e parole che volevano esprimere lealtà e amore in nome di un matrimonio che era stato messo in pericolo. Alterata e paurosa raccontava ogni dettaglio a Martin che la guardava con occhi duri. Con quella lettera Brigid gli aveva infranto il sogno di rivedere Annabelle; e in più gli aveva fatto fare la figura del marito imbecille. Fu a questo punto che Martin mi telefonò. Era furioso, disperato, ma risolutamente deciso nel lasciare sua moglie e la sua famiglia, forse per sempre. Non aveva altra via d'uscita per dar peso alla sua dignità di marito, di uomo. Parlai con mia zia di quanto era accaduto a Martin, e lei, a patto che fosse una cosa temporanea, mi disse che non aveva niente in contrario nell'ospitarlo a casa nostra. Fin dagli anni della scuola io e Martin eravamo buoni amici. Era al corrente che vivevo con mia zia Gertrude; era sicuro di poter contare su di me. Solo dopo poche ore dal suo trasloco iniziarono i problemi, che consistevano soprattutto nell'ascoltare i vari conoscenti della sua famiglia, mandati da noi con lo scopo di convincere Martin a ritornare. Ma lui non desiderava parlare con nessuno, e alla fine ero sempre io a dovermi sbarazzare di loro. La situazione era a dir poco imbarazzante, ma Martin era un amico in difficoltà che andava aiutato. Tutto questo durò per circa due mesi, fine a che un sabato mattina il postino consegnò a Martin un telegramma arrivato dalla Francia.
Alla parola "Francia" Martin fu preso da agitazione e sconcerto. E' Annabelle che mi informa del suo arrivo, continuava a ripetermi prima di mettersi a leggere. Carissimi Martin e Brigid Holmes, ho atteso qualche tempo prima di rispondervi. Subito mi era troppo difficile. So che aspettavate Annabelle a Londra e so quanto l'amavate. Annabelle è morta in un incidente stradale il 10 giugno scorso. Fatevi forza e continuate ad amarla. Parlava spesso di voi e non vedeva l'ora di incontrarvi. Purtroppo sono ambasciatrice di tale disgrazia. Scrivetemi pure se lo vorrete, sono la zia di Annabelle. Mi farebbe molto piacere incontrarvi. Nel caso potrei anche ospitarvi qui a Dieppe. 

Con molto affetto

Vostra Francoise Dufrenne
48 rue de Plèbiscite
Dieppe


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