Sunday 4 August 2013

Notturni Londinesi - La Colpa



Quattordici anni, dice Christine volgendosi verso, sua madre Annie, già quattordici anni.
Hai  ragione... quando  aspettavi  Kate,   le  tue  paure.
Continuavi a domandarti,  ma sono in grado di avere un bambino? è normale, ti sentivi ancora una ragazza e non una donna che in pochi anni avrebbe partorito due figlie. Ora hai tutte le ragioni per essere felice, le ragazze crescono bene, e per la sua età Kate la puoi già considerare una persona  adulta...una  gran  bella  ragazza,  intelligente, matura.
Ti supplico nonna, non parlare così, mi metti in imbarazzo.
Oh, dico solo la verità.
Ancora quattro anni, riprende Fiona, quattro anni ancora e sarò grande come te.
Non avere troppa fretta di diventare grande. Guardami, ho ormai sessantasei anni, e non riesco a capacitarmene. Dirò una banalità, ma il tempo mi è fuggito via. Pensa che sono sette anni che è scomparso il nonno; sì, sono una vecchia che non vuole accettare la realtà di essere vecchia, è questo il guaio.
Andiamo, mamma, lasciamo perdere le malinconie. Questa è una festa e dobbiamo solo essere allegri.
Certo, è sacrosanto, sono solo una brontolona guastafeste, dovevate lasciarmi a casa!
Tutti sorridono, e la cena prosegue fra battute e  risate.
Eppure,  vi  sono attimi  in cui  Kate appare pensierosa, distratta.
Mamma quando arriva papà? chiede Fiona.
Edmund ha promesso di arrivare in tempo per la torta e di solito mantiene sempre le promesse. Lo sappiamo tutti quanto lo assorba il suo lavoro; anzi, possiamo dire il nostro lavoro. Ciò che fa, lo fa per tutti noi, non è vero?
Tutti  annuiscono,  meno  Kate,  che  pare  proprio  essere altrove. Christine se ne accorge. Tutto bene  Kate?
Sì... sì. tutto bene.
Kate  cerca  di   mostrarsi   tranquilla,   ma  Christine impensierita le fa una  domanda per cercare di comprendere qualcosa.
A   proposito Kate,  mi avevi  detto che avresti portato Juliet per la tua festa.
Beh... oggi Juliet non stava bene, aveva la febbre, un po' di influenza forse, e così non è potuta venire.
Kate ha raccontato una bugia, Christine è sicura di non sbagliarsi; e con tutta l'astuzia possibile la tiene sotto controllo. In Kate c'è qualcosa che non va, è tutto così evidente. Forse si tratta di un bisticcio con qualche amica, probabilmente proprio con Juliet, o chissà, un brutto voto preso  a  scuola  che  non  ha  trovato  il  coraggio  di confessarle. E' strano, pensa Christine, di solito Kate non mi nasconde nulla, fa parte del suo carattere; è una ragazza aperta. E ritornando con la memoria alle feste di compleanno degli anni scorsi,  Christine realizza di avere di fronte a sé una figlia assai diversa (Christine mentre continua a cercare di  interpretare il turbamento di Kate ordina la tavola  per  far  posto all'arrosto;  si  muove  leggera e sorridente).  Sa bene che all'età di  Kate si cresce in fretta, ma è nei suoi occhi che legge come un senso di smarrimento. Che ci sia di mezzo l'amore? qualche cotta? quelle non si raccontano; sì, pensa, mi sto preoccupando per nulla.
I suoi pensieri su Kate sono interrotti dalla voce di Annie, che dalla cucina  invoca  aiuto  per  tagliare  l'arrosto. Christine si alza da tavola e nello stesso istante si sente aprire la porta d'entrata. Edmund ha mantenuto la promessa, anzi  ha  fatto di  più,  è arrivato  in tempo anche per l'arrosto. Tutti gli vanno incontro per baciarlo.
Sei stato favoloso ad arrivare in tempo per festeggiarmi, ci tenevo tanto sai?
Non  avrei  mai  potuto mancare al  compleanno della mia splendida Kate.
L'arrosto viene divorato in pochi minuti, seguito da un coro di complimenti indirizzati a   Christine, che soddisfatta riprende, gentili signori e signore non è finita qui! il bello  arriva  adesso con  la  torta di  Kate,  e  le  sue quattordici bellissime candeline.
Annie finisce di togliere i piatti dell'arrosto, e Christine è già di ritorno dalla cucina con la torta. Edmund abbassa le luci, e Kate in un unico soffio spegne le candeline  tra applausi, auguri e baci; poi le vengono consegnati i regali che apre tra mille esclamazioni.
Finita la torta e visti i regali, ognuno si alza o per andare nel bagno o per sedersi sul divano. Solo Kate rimane a tavola, assorta ancora una volta nei suoi pensieri. In questo momento non è più lei il polo d'interesse della serata, ma la televisione accesa da Fiona per seguire un gioco a quiz;  un gioco che coinvolge tutti quanti per cercare di indovinare le risposte.
Ma Kate è sempre più distante. Senza parlare, si alza da tavola, si muove per la casa, ritorna a sedersi.
Stanca, anche perché ha lavorato molto in cucina per aiutare Christine, Annie chiede ad Edmund di accompagnarla a casa; vive sola ed è venuta in taxi.
Indossando la giacca Edmund tiene gli occhi fissi sulla televisione. Annie è pronta per uscire.
Allora, mia cara, magnifica Kate ti faccio ancora tanti e tanti  auguri,  e mi  raccomando vieni  a  trovare  la  tua decrepita nonna qualche volta; eh sì, è proprio vero, è da un po' di tempo che non ti vedo.
Grazie per gli auguri...e... tornerò presto a trovarti...
Kate   ha appena trovato la forza di dire queste poche parole. Annie rimane perplessa,  ma non ha il  tempo di riflettere  perché  distratta  da  Fiona  e  Christine  che l'abbracciano per salutarla.
Uscendo Edmund dice a Fiona che è ora di  spegnere  la televisione e di andare a dormire. Lei non si muove dal divano.
Edmund ed Annie se ne sono andati, e la casa ritorna alla normale oziosità di tutti i giorni; la televisione accesa, il  rumore della lavastoviglie,  la madre indaffarata nei lavori domestici,  le ragazze che passano da una stanza all'altra.
Kate entra in cucina e si trova accanto sua madre.
Va tutto bene amore?
Sì...tutto bene...
Durante questa serata di festa, la tua festa, non mi sei sembrata serena come in passato. Ci sono stati momenti in cui mi sei parsa inquieta. E' una mia sensazione sbagliata?
oppure...
... va meglio.
Cosa significa, va meglio.
Niente, ho detto che va meglio.
Spiegati. Se hai qualcosa che ti fa star male, forse e' meglio che metti al corrente anche me, lo sai bene, faro' di tutto per...
Christine ormai parla da sola. Kate e' scappata in camera sua  sbattendo la porta.
Disorientata,  confusa,  Christine appoggia sul tavolo di cucina un vassoio che tiene fra le mani,  e con una sensazione  di paura che le fa tremare le gambe va verso la stanza di Kate.
Indugia qualche secondo prima di aprire la porta.
Nella penombra della stanza, intravede la figlia coricata bocconi  sul  letto  che  piange  sommessamente.  A  brevi intervalli  il  pianto è  interrotto da singhiozzi,  tanto intensi da bloccarle quasi il respiro.
Christine non riesce a dire nulla. Si siede accanto a Kate cercando di  abbracciarla;  e  lei  si  abbandona  al  suo abbraccio liberando un pianto disperato, che nonostante il volume alto della televisione, arriva anche a Fiona, che si precipita davanti alla camera della sorella.
Con un gesto nervoso della mano Christine le fa. cenno di andarsene. Senza capire e con una leggera alzata di spalle Fiona ritorna in salotto.
Accarezzando dolcemente Kate, Christine si pone una, cento domande. Si ingannava nel1'immaginare una cosa da nulla. Non ha mai visto Kate disperarsi in questo modo. Ci deve essere qualcosa di grave.
E con un'angoscia che le mozza il fiato prende l'iniziativa chiedendo a Kate  la verità.
Asciugandosi le lacrime, senza un parola Kate si stacca dalla madre con gesti meccanici, lenti, e dopo aver chiuso la porta, muovendosi nervosamente nel piccolo spazio della stanza, con un tono di voce affannoso comincia a parlare. Non è vero quanto ti ho detto riguardo a Juliet; non è per l'influenza che non era con noi questa sera, sono stata io a non volerla, e d'ora in poi non la vorrò più vedere. Tutto è accaduto quando lei mi ha accompagnata in una delle mie visite alla nonna Annie. Da un po' di tempo ad una delle finestre del palazzo vedevo sempre una ragazza. Era sempre là, allo stesso posto; sia quando salivo sia quando me ne andavo. Ogni volta la guardavo, ma non mi ero mai chiesta cosa potesse fare sempre in casa, appiccicata ad una finestra, una ragazza pressappoco della mia età. Nell'uscire dal palazzo, anche quel giorno ho visto quella ragazza sconosciuta dietro alla finestra, e senza pensarci ne ho parlato con Juliet; ma ne ho parlato ridendo, capisci, come per dire, quella stupida non ha altro di meglio da fare che starsene tutto il giorno chiusa in casa a guardar fuori. Dal cortile Juliet ha immediatamente iniziato a prendersi gioco di lei, a farle delle boccacce, a dirle, che stai a fare in casa? guardi il soffitto? vieni giù sciocca! svegliati!; coinvolta e trascinata dalla sua stupidità, mi sono messa a ridere anch'io; a ridere sfacciatamente verso di lei che d'un tratto è scomparsa, mentre Juliet continuava a canzonarla. Di colpo, non so come spiegarti, ho avvertito che stavo facendo una cosa orribile. Allora ho preso per un braccio Juliet urlandole di smetterla, ma niente da fare, lei continuava a ridere, dicendo che non c'era motivo di smetterla. Poi finalmente mi ha ascoltato e siamo venute via. Tornata là due giorni dopo, e non vedendo più quella ragazza dietro alla finestra, sono salita in fretta dalla nonna per avere notizie, per sapere il suo nome. La nonna mi ha detto che quella ragazza di nome Doris, era ammalata gravemente, e al momento vi erano assai poche possibilità che potesse guarire. Era molto debole sia per le malattia, sia per le medicine molto forti con le quali doveva curarsi. Per questi motivi stava sempre in casa.
Mi  sono controllata e  senza dirle  nulla di  quanto era accaduto con Juliet,  le ho chiesto se potevo andare da Doris.  Anche  solo per  pochi  minuti.  Dovevo conoscerla, dovevo chiederle scusa per quella bravata dal cortile.
La nonna dicendomi che avrebbe provato a sentire, mi ha poi chiesto, perché ti interessi tanto a Doris?
Ora che conosco la sua storia, ho pensato che forse una visita le può far bene, la può aiutare.
Sono molto orgogliosa di avere una nipote come te. E' molto bello quello che vuoi fare... strano però, è da diverso tempo che se ne sta dietro alla finestra, non l'avevi mai vista prima?
Non so, può darsi, non ci ho mai fatto caso. Sai,  vengo e me ne vado sempre così di fretta.
Certo... fra l'altro nemmeno io te ne ho mai parlato, o meglio l'ho sempre evitato. E' una cosa così penosa.
Ma sei veramente sicura di volerle parlare? sappi che vedrai una ragazza ammalata, ti rattristerai.
Non ho paura di nulla, desidero stare un po' con lei.
Come vuoi, vieni domani. Questa sera chiederò a sua madre se potrai incontrarla.
Il giorno seguente, la nonna, frastornata, mi ha detto che Doris era stata portata d'urgenza in ospedale. Ma questo accade spesso, aveva aggiunto, lasciandomi ad intendere che avrebbe potuto tornare a casa presto.
Per un paio di settimane ho continuato a chiamare per avere notizie, finché un giorno la nonna mi ha detto che Doris era morta. Da quella sera sono caduta in uno sconforto che non mi lascia vivere. Penso sempre a lei; penso che Doris sia peggiorata in conseguenza della mia crudele bravata con Juliet. E' una colpa che mi sento addosso. E inoltre, penso a quanto sono stata falsa con la nonna, con lei che mi ha creduto una ragazza sensibile, lo non  sapevo che quella ragazza era ammalata, non sapevo niente di lei; non sapevo perché mi era indifferente. Avevo avuto diverse occasioni per chiedere qualcosa su di lei, ma non me ne importava nulla. Io dovevo pensare alla mia vita, alle mie amiche e a tante altre sciocchezze. Doris andava bene soltanto per divertire due stupide ignoranti come me e Juliet. No, non riesco a darmi pace per quanto é successo. Ho sempre nella memoria i suoi occhi che mi guardano da quella finestra. Ho mentito dicendo alla nonna che tornerò a trovarla. In quella casa non metterò più piede, mai più...
Un forte singhiozzo tronca le ultime parole di Kate che cade in un nuovo pianto disperato.
Christine è muta, sbigottita. La storia di Kate,   la nuova crisi di pianto le hanno paralizzato il cervello e il corpo.
Vorrebbe dirle di non angosciarsi fino a quel punto, che lei non può essere responsabile della morte di quella ragazza. Doris era molto ammalata e  non si poteva fare nulla per salvarla.  Rimuginando su quella bravata si  sta soltanto accusando di una colpa che non ha. E' invece la morte ad averla  atterrita. Kate non arriva a capire, ad accettare, che anche una ragazza della sua età possa morire. E' tutto quello il problema. Per Kate, per le sue amiche, la morte è altrove; qualcosa di sconosciuto; qualcosa che appartiene ad altri, una realtà distante e oscura.
Ma le parole non escono, e con un gesto delicato riesce soltanto ad accarezzare i capelli di Kate, che sfiancata dal dolore, si addormenta.
Christine la osserva con dolcezza, e senza fare il minimo rumore si avvicina alla finestra. Guarda fuori, la strada deserta, la luce dei lampioni, le auto posteggiate.
Nella notte,  tutto le appare inoffensivo;  un mondo che dorme,  assopito  come  sua  figlia;  un  mondo  che  vive costantemente in bilico tra fervore e quiete, tra vita e morte.
Anche lei come Kate, non accetta la morte, ne ha il terrore; ne ha il terrore perché oltre la vita immagina solo il buio, il silenzio.
Da bambina in seguito a una brutta caduta in bicicletta, era rimasta  svenuta  per  diversi  minuti.  Appena  ripresa conoscenza, era però riuscita a ricordare gli attimi poco prima della caduta; un pomeriggio pieno di sole e di luce, altri bambini che giocavano con lei; poi  lo schianto in terra e immediatamente il buio, la notte in pieno giorno, il nulla.
Si accorge che sta piangendo, e intanto, dai piccoli rumori che le giungono dalla stanza accanto, capisce che Fiona sta andando a dormire; nello stesso istante in cui arriva Edmund; nell'entrata suoni metallici di chiavi, passi pesanti di un uomo, la porta che viene aperta e chiusa in fretta.
Con gesti rapidi e nervosi Christine si asciuga le lacrime e si ravvia i capelli, cercando di darsi un tono rilassato; un aspetto normale e tranquillo.
No, non racconterà a nessuno la storia di Doris. E nonostante la sua sensibilità, con il tempo anche Kate riuscirà ad abituarsi a convivere con cattivi ricordi. E a passi leggeri, disinvolta e sorridente, esce dalla camera della figlia e  va incontro al marito.

Copyright © G. Magnani

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